PUNTO 1

Almeno per quanto riguarda l'Italia, la stragrande maggioranza dei privati ma anche delle piccole imprese rinuncia a disporre di un proprio sito internet e si accontenta di assicurarsi la presenza in rete ricorrendo ai social network.

Strutture come Facebook e Twitter, basate come sono sulle nuove frontiere tecnologiche del web (es. Web 2), consentono forme di dialogo in tempo reale, liberano i partecipanti dalle incombenze tecniche legate alla creazione di siti o blog e, per di più, offrono un servizio rigorosamente gratuito.

Tutto OK? Non esattamente.

Il fatto stesso che vantaggi come quelli appena indicati convogliano sulla struttura miliardi di aderenti refrattari a complicazioni informatiche o vittime del digital divide offre a chi la gestisce un'eccezionale possibilità di tesaurizzazione del tempo libero degli utenti, che genera tutta una serie di inconvenienti sulla quale prolifica ormai nei media una sconfinata pubblicistica.

Non intendo, con questo, demonizzare la partecipazione di quanti si sentono gratificati dal borsino di amici & c, quanto piuttosto evidenziare l'opportunità di sfruttare i socialnetwork come richiamo sui contenuti di un proprio sito (come da tempo si stanno regolando le imprese ed i professionisti più avveduti).


Realizzare un dominio internet può rivelarsi molto meno complicato di quanto si crede; specie se ci si limita ad un sito statico, il cui costo annuo di mantenimento non supera, di norma, quello di tre o quattro pacchetti di sigarette.

Molti, pur privi della più elementare dimestichezza con l'HTML, ci hanno provato, approfittando di quelle offerte online che ti sparano l'esca delle due/tre pagine gratis. I più avveduti si saranno rivolti ad amici e conoscenti i quali, di norma, li avranno mollati dopo le prime pressanti richieste di aggiornamenti. Risultato? La corposa presenza in rete di monopagine, simili a biglietti da visita, penosamente vaganti online.

Non va molto meglio nemmeno per quanti sarebbero disposti a sobbarcarsi il ricorso a personale tecnico, che non sempre risulta disposto a soddisfare rapidamente le richieste come anche ad interpretare come dovrebbe le aspettative del committente.


Il software occorrente (e gratuito) si limita alla versione free di PhotoFiltre (per fotoritocco), all'editor html (si possono scaricare NVU o COMPOZER - entrambi portable multipiattaforma) e WITER (editor di testi di OPEN OFFICE – esso pure, come i precedenti, portable multipiattaforma).


Tengo a precisare che, nel nostro caso, il ricorso all'editor html riguarderà, sostanzialmente, le sole e semplici operazioni dei coolegamenti multimediali ed ipertestuali.

Chi poi intendesse arricchire con effetti speciali le proprie pagine non dovrebbe perdersi JAVASCRIPT COLLECTOR, che non è nemmeno un vero e proprio programma ma una corposa raccolta di utility che fornisce, per ciascun effetto, codice e punto di inserimento in sorgente.


Qualora il sito fosse finalizzato alla diffusione di periodici (ma anche opuscoli e pubblicazioni monografiche) con eventuali spazi per il blog, ci si avvantaggerebbe di ulteriori semplificazioni unite a vantaggi di tutto rispetto.

Al visitatore si offrirebbe, oltre la lettura online, un'alternativa di stampa (con o senza fascicolazione).

Dal momento che il prodotto cartaceo verrebbe realizzato dall'utente (anche con l'economy bianco/nero della stampante domestica), non vi sarebbero oneri di registrazione.

I contenuti transiterebbero direttamente dalla composizione in Writer alla trasformazione PDF (lo si fa con un tasto sulla barra dei comandi).

Una sola pagina html sarebbe sufficiente ad esporre attualità ed archivi con i relativi collegamenti ai rispettivi PDF (che chiunque potrebbe scaricarsi, anche sul più minuscolo degli smartphone, e trasmettere via bluetooth) senza complicarsi l'esistenza con laboriosi passaggi di copia/incolla. Oltre tutto, a differenza dell'html che resta assai simile ad un modulo continuo, il PDF è già postato in formato A4.

VEDI QUI UN ESEMPIO PRATICO