IL QUOTIDIANO, OGGI
(Osservazioni e sotterfugi per non lasciarsi sconquassare dal peso delle notizie)
Passando a ritirare il solito quotidiano non mi stupirei se, da un giorno all’altro, dovessero rifilarmelo in confezione cestino da viaggio; in un pratico sacchetto, vale a dire, con la testata debitamente stampigliata su plastica. E’ quel che occorre se per davvero s’intende agevolare l’acquirente nell’impegnativa fase del trasporto.
Ci sono momenti nella settimana in cui è da temerari illudersi di cavarsela con un peso al di sotto del chilo. Tutta colpa delle tante cose che si ostinano a ficcarci dentro, col risultato di esporci agli stessi incerti di chi acquista il pesce senza disporre d’una borsa. Quantunque accuratamente incartata, stramorta ed ultradecongelata, la salma ittica non tarderebbe ad abbandonare l’involucro. E per chi dovesse soffrire di lombaggini andarla a raccattare sarebbero c.
Secondo me la corsa all’ingrasso ingaggiata dai sti giornali deve molto alla sindrome da sorpasso causata dalla maggior diffusione di settimanali e mensili. Non è che questi se la passino poi molto meglio. Tanto è vero che, per arraffare clienti, gareggiano a spiaccicare dentro e fuori dal cellofan tanti e tali di quegli omaggi che, anche quando non si tratta di micro-ombrelli, portaeuro, agendine, spille, occhiali e preservativi, compiono pur sempre sforzi di tutto rispetto per trasformare l’edicola in una via di mezzo tra una drogheria ed un negozio di cosmetici.
Determinati a non gettare la spugna, i quotidiani concorrono a complicarci l’esistenza intercalandovi, come minimo: il supplemento per la donna moderna (500g.), l’inserto sull’economia (pochi ne masticano i contenuti e tanto spiega perché bastino 100g); molto meno, com’è evidente, del peso richiesto dallo speciale-motori (250g.), dal settimanale con i programmi RaiTv (200g.) e dal fascicolo sull’informatica (150g.). Un bel malloppo che solo sportivi e portaborse potrebbero tirarsi dietro con la dovuta disinvoltura, a patto, s’intende, di rinunciare all’optional dell’allegata videocassetta e degli scritti fuori commercio del vattelapesca di turno.
Una volta non era così. Specie in tempo di guerra, quando chi andava a comprarsi, poniamo, l’Eco del Mattino se ne tornava con un misero bianco-volta al cui confronto l’organo (con riferimento a quello cartaceo – n.d.r.) di Giuliano Ferrara sarebbe parso più pesante di Quattroruote. Perfino chi aveva rapporti poco idilliaci con la grammatica non faceva in tempo a farsi due isolati che già se l’era spolpato da cima a fondo.
L’epoca si presentava tutt’altro che avara di notizie. Il guaio è che risultavano una più brutta dell’altra; al punto che, per trovarne qualcuna appena decente, occorreva lavorare di fantasia. Una situazione fronteggiata, sulle prime, con le prestazioni scrittorie dei vertici di regime, ispirate, di rigore, alla certezza dell’immancabile vittoria. Ma poi, a forza di beccare batoste su batoste, s’era arrivati al punto che i gerarchi non se l’erano sentita di passare da iettatori ed avevano preferito imporsi il silenzio. Un silenzio stampa, sia detto per inciso, di quelli autentici. Non come accade oggi, che nemmeno aprono un’inchiesta e già ti trovi sui giornali liste di indiziati, capi d’imputazione e resoconti stenografici degli interrogatori.
Di pubblicità manco a parlarne. E tutto per colpa del razionamento. Beni di più o meno largo consumo continuavano a circolare lo stesso. Solo che i promoter della distribuzione (leggi: esercenti borsa nera ed affini) evitavano accuratamente di rendere plateali i connotati dell’impresa, preferendo affidarsi (con discrezione da far invidia all’attuale normativa sulla privacy) sempre ed esclusivamente al meno chiassoso sistema del passaparola.
Erano tempi, insomma, che ci mettevi davvero poco ad appallottolare ciò che avevi appena comprato. Quanto a sbarazzartene non ci pensavi nemmeno. Primo perché, coi chiari di luna che tormentavano il paese, non c’era chi pensasse a dotarlo di contenitori per rifiuti. Ma anche per il fatto che, risultando la carta igienica prodotto di lusso, il quotidiano finiva per costituirne un surrogato autarchico tutt’altro che disprezzabile.
Chi l’avrebbe detto che, giusto ora che la carta igienica (fatta eccezione per le FS) non se la fa mancare proprio nessuno, avremmo sprecato tanta di quella cellulosa da danneggiare il patrimonio boschivo più di quanto riescano a fare i piromani sotto Ferragosto?
E fosse solo questione di peso! Davvero vogliamo sottovalutare gli inconvenienti del formato?
Cristo! Nemmeno ve l’immaginate la rabbia che mi prende ogniqualvolta mi capita di vedere antiche immagini sui lettori di gazzette al tempo della Rivoluzione Francese.
Aspetto di poter sputare in un occhio chi dovesse venirmi a dire che le notizie di allora erano poca cosa in confronto a quelle di oggi.
Non si faceva in tempo ad entrare in guerra con una decina di paesi che già c’era da assaltare le Thuilieries per sfrattare un re sospettato d’aver commesso grosse minchiate. Problemi di traffico tali e quali a quelli di oggi; tutto per via degli ingorghi causati dai cellulari che, a forza di fare la spola su e giù per trasportare in galera un fottio di gente, rischiavano sempre di andare a scontrarsi con le carrette dei condannati transitanti nelle opposte corsie. Ce n’erano di cose da scrivere. Prendiamo l’immigrazione. Un fenomeno tipico dei nostri giorni? Quando mai! Anche allora la gente non faceva altro che migrare dalle campagne alle città, alla perenne ricerca di commestibile, mentre chi aveva il privilegio di provare la fame nel perimetro urbano non non esitava a riversarsi sul contado per tentare di razziare il razziabile. Tutto ciò mentre continuavano a spuntare come funghi clubs, circoli e partiti. E senza contare che le beghe del federalismo nostrano diventano una pernacchia di fronte al casino che erano in grado di scatenarti bretoni e vandeani.
Ancora freschi d’inchiostro, i giornali finivano in pasto ad una marea di gente che correva a sbafarseli nemmeno fossero state paste alla crema. Eppure, a fare impressione non è tanto la gran ressa dentro e fuori dalle tipografie (vedere, per credere, le acqueforti del tempo) quanto il formato di quei fogli. Cosa che, se li tagliavi in due, avevi carta appena sufficiente per fabbricarti uno spinello.
Formati del genere oggi nemmeno ce li sogniamo. Rischiamo, anzi, di perdere i vantaggi della scolarizzazione proprio per colpa delle proibitive dimensioni raggiunte dagli organi di stampa.
Pensateci sopra e poi ditemi dov’è che ci si mette a leggere quando si è impossibilitati a recarsi in ufficio?
Provate a sciorinare in tram il Corriere della Sera. Alla minima vibrazione le righe si metteranno a ballare peggio che se fossero ospiti di Dilettanti allo sbaraglio. Cercando di tendere questo mezzo lenzuolo perdereste il controllo delle mani. Pazienza per la signora convinta che ci abbiate provato. Ma se dovessero finire nel fondo schiena d’una minorenne? La nomea del pedofilo non ve la rifiuterebbe nessuno. Optate per la panchina? Peggio! La coda dell’occhio perderebbe il controllo sul borsello e per gli scippatori sarebbe una pacchia. Resi guardinghi dal dilagare della delinquenza preferite documentarvi al bar? Provateci e se trovate una testata che non abbia superficie doppia del tavolino siete pregati di farmi un fischio.
Non parliamo poi dei contenuti.
Vogliamo cominciare dalle prime pagine? Quelle che nemmeno l’avvento di biblici cataclismi riuscirebbe a soffiare ai politici?
Impossibile non considerare, al proposito, come, in mezzo a tanti vantaggi la democrazia consenta anche abusi e prevaricazioni che, a volerli penalizzare con gli stessi criteri della patente a punti, per le libere istituzioni sarebbero c.
Quando succede (ma anche quando non succede) qualcosa, non c’è parlamentare di spicco che si astenga dall’esternare ciò che pensa; ed anche se non pensa niente è lo stesso. Sarà questione di deformazione professionale, ma immagino sia convintissimo che Ciccio Rossi; salumiere alla VII circoscrizione, prima ancora di alzare la saracinesca, faccia la posta al motorino dell’edicolante, lo blocchi di brutto (col pericolo di mandarlo culo a terra insieme alla pila di fogli in distribuzione) e solo perché non vede l’ora di appurare le opinioni dell’on. Trombetta sulla piega che sta prendendo la nuova crisi congolese.
E’ vero che tutti hanno diritto a dire la loro. Ma, sant’Iddio, dovrebbe pur esserci, da qualche parte, il divieto a martirizzare i lettori con continue, bestiali, rotture di coglioni.
Poi c’è la questione delle foto. Una iattura sconosciuta ai lettori delle gazzette di poco fa. Primo perché nessuno ancora s’era preso il fastidio d’inventarle. Secondo perché erano tempi in cui non avreste fatto in tempo a scattarne una prima che il soggetto andasse a farsi affettare come un San Daniele nell’attuale Place de la Concorde. E’ vero che anche in quegli anni non c’era parlamentare che non sbavasse a riversare sulla carta stampata i prodotti della propria cronica logorrea. Ma vuoi mettere la soddisfazione derivante dalla consapevolezza che non avrebbe rotto per molto?
Oggi, invece, oltre allo scritto, sei anche costretto a sorbirti sempre le stesse facce. Perché s’ostinano a metterle? Sarà mica per il gusto di mandarci per traverso brioche e cappuccino?
Per farmene una ragione cerco di immedesimarmi in quelle che potrebbero essere emergenze redazionali. Poniamo che ieri il leader tal dei tali, colto da improvvisa devastante diarrea, abbia rilasciato un’intervista tanto striminzita da far pensare che gli stessero entrando in casa i carabinieri. E’ tipo che se gli dai spago per meno di due colonne s’incazza peggio d’una bestia; con l’impaginazione come la mettiamo? No problem! Si pone mano alla solita foto d’archivio, la si gonfia al punto giusto; come si faceva una volta con i palloni nelle feste di paese, e si fa in modo di riportare il tutto alle dimensioni concordate.
A me, comunque, sto supplizio di dover vedere sempre le stesse facce proprio non va giù. Alcune sono congegnate da fare schifo; altre, sarà un’impressione, ma la tendenza a prendere per il culo ce l’hanno proprio stampata in fronte, mentre non ne mancano di quelle che, debitamente esposte negli ingressi delle questure, attizzerebbero subito l’attenzione degli informatori di professione.
Che te ne fotte? potrebbe obiettarmi qualcuno, contenti loro……. Già! E con quelli che sfogliano il giornale infischiandosene della politica come la mettiamo? E’ gente a cui, di quelle pagine, resteranno impressi solo i ritratti. Se riproducono fattezze da circo non ci metteranno molto a radicarsi in valutazioni del tutto analoghe a quelle che avevano fatto esclamare al Belli E’ tutta canajaccia giacobina da tirarcela for da li cojoni.
Ci sarebbe una via di mezzo, anche se dubito che poi ci si metterebbe d’accordo per praticarla.
Considerato che agli inserti non si riesce più a rinunciare e che le sembianze di molti politici sembrano fatte apposta per le caricature, se ne potrebbe ricavare un bel fumetto impreziosito da appropriate didascalie; sul genere di quelle che resero celebre il Corriere dei Piccoli; che so: vignetta n.1; un bel bozzetto di gruppo
e sotto
Qui comincian le avventure sulle italiche lordure
procurate notte e di da coloro che son qui…..
Una volta le pagine che tenevano dietro a quelle politiche si occupavano di cronaca nera. Ma, dopo che la continua proliferazione di ruberie, appalti pilotati, forniture pagate dieci volte il loro valore minacciava di fare un tutt’uno tra le due cose, qualcuno deve aver riflettuto sull’opportunità di evitare sconfinamenti schiaffandoci di mezzo una sorta di terra di nessuno.
Cosa metterci? Un primo tentativo, realizzato a mezzo inserimento pagine dei necrologi, non aveva tardato ad abortire. Chiamiamola pure superstizione, ma sta di fatto che i politici non se l’erano sentita di starsene affiancati ai morti. Stesse riserve da parte della criminalità più o meno organizzata, affrettatasi a sprecarsi in proteste, piovute perfino dai sacrari della latitanza.
S’era provato con la pagina degli spettacoli; cosa che avrebbe attecchito, non fosse stato per le resistenze opposte dalla maggioranza delle parlamentari che, arroccate sui sacrosanti diritti delle pari opportunità, ci avevano piantato sù un casino della madonna.
Oddio!…..Effettivamente….non è che mancassero buone ragioni per incazzarsi a quel modo. Pure io mi domando che figura ci avrebbero fatto una volta sbatacchiate faccia e frattaglie a contatto di gomito con pagine che sono tutto un tripudio di tette e cosce da schianto. Sarebbe stato come infilare in una rivista porno i santini con Madre Teresa di Calcutta.
Quanti (e non sono pochi) hanno la brutta abitudine di rivoltare il giornale partendo dal fondo avrebbero rischiato un colpo passando di botto dalla Ferilli alla Bonino. Se non ne siete convinti dovreste compiere lo sforzo d’immaginarvi Bindi, Jervolino e Turco nelle vesti di Minerva, Venere e Giunone. Come pensate che si sarebbe regolato il povero Paride vedendosele spuntare davanti all’improvviso per l’attribuzione del premio Miss pomo d’oro (da non confondersi, nella fattispecie, con il frutto dell’omonima pianta che cresce in giardino – n.d.r.)? Come minimo se la sarebbe squagliata mimetizzandosi tra le pecore; fottendosene del fatto che il gesto avrebbe ridotto all’indigenza quel povero cristo di Omero.
Che fare?
Sono certo che, non si fosse messa di mezzo la faccenda delle "due torri" (1) , si starebbe ancora annaspando alla disperata ricerca di soluzioni.
I fatti dell11 Settembre, con l’infinita serie di annessi e connessi che si son tirati dietro, hanno finalmente consentito di appianare decorosamente queste nostre beghe caserecce; contribuendo, oltretutto, ad introdurre aspetti di salutare relax in quanti s’attaccano alle cronache di Montecitorio e dintorni.
Una volta leggevi certe prese di posizione dei girotondini e t’incazzavi. Ti cadeva sott’occhio un proclama di Di Pietro e la brioche appena smozzicata finiva diritta nel cestino, mentre nessuno t’avrebbe trattenuto dal prendere a randellate chi avesse proposto diritti di cittadinanza per extracomunitari non ancora sbarcati.
Oggi non è più così. Scorri di continuo immagini e notizie su gente che se la passa assai peggio di te e finisci col fottertene perfino dei dati d’un ISTAT diventato meno attendibile del Barone di Munchausen.
Se c’è un neo capace di affliggere chi predispone ed impagina le attuali cronache bellico-terroristiche sta tutto nel fatto che, in redazione, non sanno mai come regolarsi. Programmano due facciate e quelli di Al-Qaeda ti tirano su un attentato che non te ne bastano otto. Ne vai a programmare una decina per il giorno dopo, ma si è tanto iellati che non ci scappa nemmeno un morto.
Come fa a regolarsi un onesto direttore di testata? Quando nemmeno schiaffandoci un primissimo piano dei baffi di Saddam si viene a capo dello spazio che avanza, non resta che una chance; mettere le mani sul primo storiografo di passaggio e commissionargli un servizio lampo. Funziona?
Non sempre, come dimostrano gli interventi di chi ha operato analogie tra l’occupazione dell’Irak e lo sbarco alleato in Italia. Un servizio tanto strampalato da richiamare alla memoria la gustosa scenetta che vede Franco Franchi alle prese con problemi di orientamento su di un peschereccio alla deriva: E che ci vuole? E’ risaputo che la Sicilia si trova a mezzogiorno. Allora……vediamo un po’!…..Sono le 12 meno un quarto……..
Vogliamo passare alle altre specialità che offre la cronaca di casa nostra?
Qui l’ultimo dei problemi è proprio quello del reperimento di materiale. Con un popolo di 56 milioni composto non esclusivamente da santi, navigatori e poeti, qualche fattaccio ci scappa sempre. Se a tanto aggiungiamo l’impegno messoci da una buona parte di extracomunitari, bisogna ammettere che sguazziamo nell’imbarazzo della scelta.
Facile no?
Invece, anche qui, i direttori di testata mostrano di avere idee alquanto confuse.
Se il tizio ritiratosi ubriaco acchiappa il figlio e lo lancia dalla finestra. Due righe. Tutto cambierebbe qualora lo stesso individuo dovesse rilasciare ai carabinieri dichiarazioni del tipo: Io?…a…mio figlio? Ma! Dico…siamo diventati matti?……Giuro che stavo in cucina a scolarmi l’ultimo fiasco di vino quando ho sentito il tonfo. Diventerebbe il protagonista n. 1 della cronaca. Non solo i quotidiani, ma anche settimanali e mensili gareggerebbero a contenderselo. Questo perché nel primo dei due casi la faccenda riguarderebbe solo magistratura e difesa. Nel secondo, psicologi, sociologi, periti, neurologi, moralisti, veggenti ed appassionati di ufologia troverebbero di che arrotondare le entrate per almeno un anno.
Puoi fare a pezzi una vecchietta dopo averle fregato la pensione e nessuno ti caga. Ma prova a rivelare che, mentre ti facevi una sega spiando giochi di autoerotismo praticate dalla vicina in camera da letto (tipo la finestra sul porcile), avevi intravisto la sagoma di chi vi si era intrufolato al solo scopo di farle la festa…….
Ora, vorrei sbagliarmi, ma nessuno mi toglie il sospetto che, coi tempi che corrono, il grosso dei lettori risulti composto da gente poco emotiva e molto apprensiva. Per dirla proprio brutalmente, immagino che la gran parte se ne strafotta dei misteri legati agli omicidi di ipotetiche nobildonne, mentre sono tanti quelli che, uscendo a fare la spesa, anelerebbero conoscere quante probabilità hanno di non ritrovarsi la casa svaligiata. Invece, niente! So di gente che in un anno aveva subito fino a dieci visite indesiderate, ma solo con l’ultima è finita sul giornale. Tutto perché stavolta i malviventi, non trovando più un c. da portar via s’erano intrattenuti a torturare la nonna ed a violentare la nipote.
Dite che è meglio cambiare argomento? …..Recepito!
E parliamo, allora, di spazi pubblicitari, puntualizzando che non intendo riferirmi alle locandine del tipo Problemi di cuore? I vostri affari vanno male? (pagate da inserzionisti capacissimi di farveli andare peggio). No! Parlo di quelle doppie pagine che spuntano a tradimento; di norma subito dopo che c’è stato chi s’è preso il fastidio di elencarti scadenze fiscali che non era proprio il caso di rammentarti (dal momento che te le sogni ogni notte).
Zacchete! Mi spunta un’auto da sogno; sarà in scala 1:5, visto che parte da un pollice per andare a toccare quello opposto. Peccato che non potrò mai permettermela. Provo a girare ed è peggio, dal momento che mi ritrovo un’ultramaggiorata con telefonino, che non potrò mai scoparmi (il riferimento è all’ultramaggiorata – n.d.r.).
Meno male che, andando ancora oltre, si finisce nel reparto libri e cultura.
Dopo aver scorso qualche riga dovrete ammettere d’aver toccato, finalmente, un settore capace di stare al passo con i tempi.
Una volta era il ritrovo di critici con la puzza sotto il naso, e la cui missione pareva stesse tutta nel dissuadere eventuali acquirenti dell’ultimo lavoro di questo o quello scrittore. Colpa loro se gli istogrammi di vendita degli editori registravano cali tali da costringerli a fare buchi nel pavimento per verificare dove andavano a finire le curve di vendita in caduta libera.
A sentir parlare oggi chi tratta questi argomenti ti si apre il cuore. Ed il bello è che non scoraggiano proprio più nessuno. C’è chi dedica tre colonne a decantare i pregi letterari di chi ha appena sfornato un libro sui formaggi della Val Brembana. Chi scopre eccezionali capacità introspettive nella biografia di uno sconosciuto frate del ‘300, mentre non manca chi rasenta l’orgasmo esaltandosi all’inverosimile nell’apprezzamento del ponderoso reportage di chi, pur non essendosi mai mosso da Sondrio, sa proprio tutto sulle origini del terrorismo islamico.
Ed a tal punto sono convinti della bontà di tali opere da non poter fare a meno di assecondare una voce interiore che li spinge a fornire, fin da subito, dettagliate indicazioni per il loro rapido rinvenimento. Se ne indicano, infatti, casa editrice, presentazioni, numero di pagine, prezzo, giorno ed ora in cui saranno disponibili in libreria e/o in edicola. Manca ancora la segnalazione topografica; forse è solo questione di tempo e verrà giorno in cui, non si mancherà di ispirarsi alle indicazioni dei prototipografi; gente capace di appendere sulla porta di bottega scritte del tipo Si vendono alla Fiera del Nespolo, a metà della strada antica per Borgaretto, presso la fattoria Quisisbafa e, limitatamente ai primi del mese, nel padiglione nord della Mostra Bovina di Carrù.
Ciò detto, so che è praticamente impossibile astenersi dall’andare a prelevare in edicola questa quotidiana dose di veleno. Occorrerebbe, tuttavia, fare un’eccezione; mettere alla prova la propria forza di volontà e riuscire a privarsene non appena corre voce che qualche ultrastagionata gloria del cinema s’è decisa a tirare le cuoia.
Muore la celebre attrice che v’è rimasta in testa più per le curve che per la bravura. Aveva staccato da un pezzo ed erano trent’anni che non se ne sentiva più parlare. Stop alle foto sui rotocalchi. Tutt’al più qualche rivisitazione in chiave filmica, operata da emittenti locali a corto di liquidità.
Aprite un quotidiano e ve la vedete, di botto, trasformata in una spaventosa megera.
Tanto per cominciare non potrete fare a meno d’immaginarvi come sarà vostra moglie tra un certo numero di anni. Vi passerete d’istinto una mano sul volto per verificarne la tenuta alle rughe, quindi correrete in bagno per appurare quanti capelli stiano virando dal grigio al bianco.
Trascorrerete il resto della giornata a fantasticare sui trattamenti vi si riserverebbero in un reparto geriatrico e se l’eutanasia possa considerarsi apprezzabile antidoto alle devastazioni della senilità.
Insomma, per farla breve, un editore proiettato al futuro dovrebbe avere il coraggio di cominciare a tagliare senza pietà tutto quanto c’è di inutilmente penoso, di irritante o solo superfluo. Per farlo dovrebbe mettersi nei panni di chi legge. Sotto il profilo puramente imprenditoriale ci sarebbe tanto da guadagnare.
Via, per cominciare, tutto ciò che è pubblicità.
Ma se la voce "inserzionisti" – mi si potrebbe obbiettare - è proprio quella che, unita al finanziamento pubblico, consente di contenere i deficit gestionali?
Si? E cos’accadrebbe, oggi, se, fuoruscendo dal suo ufficio dopo approfondite analisi di bilancio, il direttore amministrativo del Corriere degli Appennini dovesse prorompere in un esaltante siamo in pareggio? Alcuni cercherebbero di rintracciare l’apparecchio che misura la pressione. Altri si limiterebbero a scuotere la testa, mentre qualcuno s’attaccherebbe al cellulare per segnalare ai vertici aziendali l’esplosione della penosa emergenza. Di lì a poco un’ambulanza caricherebbe il burocrate, mentre tutti gareggerebbero nel prospettargli come assolutamente normale la prassi del ricorso ad approfondite visite pschiatriche.
Tutto ciò mentre contuo a domandarmi questo c. di Internet che l’abbiamo inventato a fare?
E’ tutta lì la chiave del problema! Basta carta, rotative, inviati speciali, trasporti, stoccaggi, distributori, edicole, rese.
Si tira su un bel fronte-retro tipo news; max tre colonne e tutto a colori (tanto chi vuole se lo scarica e se lo stampa a spese dell’ufficio). Carattere corpo otto, così chi proprio è in vena di strafare potrà ricavarci fotocopie 30 x 40).
Le fonti? Sufficiente abbonarsi alla più squinternata delle agenzie di stampa; quel che conta è il succo delle notizie e non si capisce proprio perché, per manipolarle ed ingigantirle, si debbano foraggiare quei mangiapane a tradimento che sono i redattori.
Non parliamo poi degli inviati speciali; quelli che costano un occhio della testa; specie in caso di guerra, con la storia dei servizi dal teatro delle operazioni.
Quali operazioni? Si sa come vanno certe cose. Nove volte su dieci la troupe non fa in tempo ad atterrare che viene presa in carica dai militari. La si sbatte in albergo ed amen. I servizi? Arriverà ogni tanto dai comandi qualche straccio di bollettino che, professionalmente rimaneggiato, servirà a giustificare i costi della missione.
Basta farsi minchionare a sto modo. L’alternativa? E’ a portata di mano. Sufficiente servirsi dei blog curati da volontari laici che sul posto ci operano per davvero; tutta informazione di prima mano, attendibile e (cosa che non guasta) rigorosamente gratuita.
Vogliamo poprio largheggiare fino a fornire informazioni sugli spettacoli? Sufficiente scopiazzare o sintetizzare decorosamente ciò che passa la Rete.
E pazienza, poi se, nel frattempo, dovesse piombarci tra i piedi il cadavere eccellente di qualche antica gloria del cinema. Personalmente consiglierei l’apertura d’un occhiello bordato a lutto con due righe del tipo: Al momento di andare in macchina ( non è vero, ma fa sempre un certo effetto) ci giunge notizia che (seguono generalità anagrafiche) non è più tra noi. Evitiamo di rattristarvi oltre, consapevoli del fatto che la Rai Tv non impiegherà meno di dieci puntate per ragguagliarvi esaurientemente sulle circostanze del luttuoso evento.