TESTE VUOTE E SESSO SPINTO
(Luci rosse a Ciriè)
Se la cura della testa dovesse assorbire anche solo il 10 per cento delle attenzioni riversate sulla buona tenuta del sottovita le cronache scandalistiche comincerebbero a vedersela brutta assai.
Non alludo alla manutenzione della carrozzeria cranica; una parte anatomica ormai manipolata al punto da rendere superato l’uso delle foto segnaletiche. Lifting a base di botulino e tinture mozzafiato, unite alla massiccia applicazione di piercing, anelli e pendenti d’indubbia provenienza terzomondista, continuano a sfornare facce che nemmeno al carnevale di Viareggio.
Ti senti sparare un ciao! da una tipa che giureresti di non conoscere. Cosa che, un tempo, ti avrebbe spinto a reagire con un prego, si qualifichi! Poi scopri che è la figlia del portiere sputata fresca fresca da un coiffeur che ne ha reso la capigliatura simile in tutto a quella di individui fuggiti in preda al panico da una qualche cerimonia satanica.
Per capire il tipo di cura da me auspicato occorre riferirsi ad una recente statistica del Sole 24 Ore dove risulta che, ad occhio e croce, la frequentazione giornaliera delle biblioteche non supera la media dei quattro visitatori. In compenso ci si imbottisce di musica a più non posso. Non sarebbe poi tanto male qualora, anche rifuggendo da repertori classici, ci si attaccasse a canzonette più o meno orecchiabili. Il guaio è che le uniche note in circolazione sono quelle modellate sui ritmi delle discoteche; melodie che sembrano fatte apposta per rinverdire il ricordo di ciò che fuorusciva dalle trombe di antichi grammofoni tutte le sante volte che la puntina non voleva saperne di separarsi dal solco appena grattato. Tutto lascia supporre che il subconscio collettivo tiri a scansare come la peste ogni eventualità di variante, nel suono come nel discorso.
Sottoporre alle fatiche dell’apprendimento quanti risultano affetti da tele fobia diventa impresa tra le più disperate.
Ne sanno qualcosa quelle poverette di Antenna 3 che, per assicurarsi un minimo di audience al momento del telegiornale, non possono fare a meno di accompagnare con uno spoglirello la lettura di notizie, che speriamo non debbano mai avvalersi dei commenti dell’Annunziata. Proprio come quando scocca l’ora della pappa per frugoletti che è difficile immobilizzare sul seggiolone; un cucchiaio di omogeneizzato e dieci scossoni alla farfallona variopinta che ciondola sul contenitore. E ce ne siamo scordati di ciò che accade in TV tutte le volte che attaccano con quelle barzellette che resero meno grama la permanenza in trincea dei nostri trisavoli? Difficile assicurarsi l’attenzione per l’intera durata della battuta. Indispensabile condirla con smorfie, sberleffi, ammiccamenti, balbuzie e contorcimenti di varia foggia.
Prima e più illustre vittima della sindrome da rincoglionimento: la fantasia del fare e del proporre.
Qualcuno si ricorda delle occupazioni preferite dalle nostre nonne? A meno che non fossero impegnate nella confezione di dolci e conserve, le avreste trovate intente ad adornare con motivi d’ispirazione floreale i corredi destinati a questa o a quella delle nipoti. Oggi il ricamo ha finito per arrendersi al tatuaggio. Le mutandine di pizzo hanno fatto il loro tempo e scommetto che, tra qualche anno, il numero delle bagnanti decise a soppiantare il tanga con decorazioni cutanee potrebbe risultare tutt’altro che marginale.
Mai trascurare quelle aree anatomiche che i nostri antenati sottraevano all’ostentazione. Finirebbe col risentirne il consumo di creme, unguenti, pillole, pozioni rassodanti, ritardanti, stimolanti, nutrienti o dimagranti che, messi insieme, rischiano di alleggerire la busta paga più delle spese per vitto e alloggio.
Si può essere cretini, ignoranti, drogati, sbronzi o fuori di testa, ma guai a lasciarsi sorprendere impreparati sotto il profilo dell’aderenza agli ultimi ritrovati della cosmesi.
Tra una dimostrazione e l’altra dei disoccupati organizzati la regione campana sponsorizza con qualche miliardo un concorso per la selezione delle veline. Unico requisito: la bellezza. Non ci vuol molto ad immaginare che figliole sprovviste dell’indispensabile possano aver preso d’assalto centri di salute estetica e negozi connessi.
Se appena ci guardiamo intorno notiamo una proliferazione di solarium, palestre, punti tattoo e centri esperti (a vario titolo) nell’arte del massaggio; settori tutti della moderna imprenditoria il cui numero risulta secondo solo a quello delle agenzie immobiliari. A passarsela sempre peggio restano, invece, gli editori; gente che non esita a gridare al miracolo quando riesce a piazzare 2000 copie d’un libro. Uniche eccezioni, volumi che, rivelandosi autentici specchi dell’odierna realtà socio-culturale, raggiungono tirature da capogiro. Sono quelli zeppi di elaborati dialoghi del tipo:
Ke pensi ke farai da grande?
Ke cazzo ne so!
Se questo è quanto riescono a sfornare le nuove leve dei letterati, possiamo immaginarci quale dev’essere il tenore d’una normale conversazione tra coetanei di sesso opposto.
Sempre più a corto di argomenti, finisce che, abbozzato qualche rituale vocalizzo, i due, sempre che non si mandino aff….. reciprocamente, proveranno ad ingannare il tempo con qualche scopata. Un’occasione per collaudare a più riprese la tenuta della sopra descritta chincaglieria. Altrimenti sarebbe come procurarsi una fuoriserie al solo scopo di tenerla ferma in garage.
Dev’esserci qualcosa di vero nella teoria che stima il nostro DNA quasi identico a quello di certi primati. Bastano, ad avvalorarla, i comportamenti sociali dei bonobo; quella sottomarca di scimpanzè che trova nel frequente ricorso alla sveltina il migliore antidoto a grattacapi e preoccupazioni. Certo, anche se ce la mettono tutta, resta difficile che possano raggiungere le nostre performances. E’ notorio che quei simpatici abitanti della foresta non dispongono di club per scambisti, non sanno cosa sia un sexy-shop, mentre continueranno ad ignorare le proprietà tonificanti di cui potranno godere quanti partecipano alle porno-ammucchiate pilotate dalla sapiente regia di Riccardo Schicchi.
Tutto al contrario di quanto si sta verificando, da qualche mese in qua in alcuni paesotti della penisola.
La continua invadenza di materiale porno deve aver provocato reazioni di acceso revanscismo localistico.
Basta! Dev’essersi detto più di qualcuno, con tutta questa importazione del c.! E poi, che gusto c’è a veder scopacchiare quattro troione che nemmeno sai da dove arrivano? Mille volte meglio scoprire come se la cava in una partita a quattro la moglie del sagrestano o la signora di rimpetto che ha rilevato da poco la gestione del bar.
Alle pionieristiche sperimentazioni attuate nell’entroterra ligure hanno tenuto dietro quelle di Sondrio. Ed ora è la volta delle porno-promesse di Ciriè.
Chi andava a pensare che un centro tra i più sonnacchiosi della cintura torinese covasse tanti talenti in fremente attesa (è il caso di dirlo) di un qualcuno in grado di mettere a nudo la loro bravura?
Senti dire che ci stanno girando un film e pensi, sulle prime, che qualche tele-operatore si sia preso il fastidio di andare a filmare la festa patronale. Poi scopri, ma solo a cose fatte, che il materiale girato è quanto di più lontano possa esserci dal lento procedere delle processioni. Mica uno scherzo! Qua si tratta di ammucchiate che il buon Fantozzi non esiterebbe a definire megagalattiche.
A parte il parroco, tenuto ad indignarsi per dovere d’ufficio, pare che il grosso della popolazione abbia fatto della caccia al filmato il suo sport preferito. Ne vale la pena, dal momento che, oltre ad assicurare momenti di sano relax, la produzione non manca di contenuti ad alto valore educativo; segnatamente in chiave antirazzista. Quale altro significato dovremmo attribuire al ruolo della signora felicemente coniugata che, incoraggiata dall’amabile consorte, arriva a realizzarsi solo aprendosi a più riprese e senza riserve nei confronti del prestante protagonista senegalese?
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